I MONTI AURUNCI
La Flora
Le diverse esposizioni dei versanti, al sole verso la costa e all'umidità verso l'entroterra, la morfologia, la natura geologica le caratteristiche del suolo, la vicinanza del mare, sono tutti elementi che determinano, nel territorio dei Monti Aurunci, una notevole diversità di ambienti e, di conseguenza, la presenza di specie molto diverse fra loro.
Dalle specie tipiche della macchia mediterranea presenti sui versanti esposti al mare, si passa alle valli interne fino a quote più alte. Una biodiversità degna di nota, microscopiche e imponenti, vistosissime o quasi mimetiche, transitorie o presenti da secoli. Il vero fiore all'occhiello dei monti Aurunci sono le orchidee spontanee (oltre 50 specie), vere e proprie rarità e gioielli botanici, come la (Serapias lingua), l’Orchidea Maggiore (Orchis purpurea), l’Omino Nudo (Orchis italica), La Ballerina (Orchis anthropophora), l'orchide piramidale (Anacamptis pyramidalis) comprese diverse specie di Ophrys, e un numero non ben precisato di ibridi.
Nei versanti pietrosi verso il mare gli intensi colori delle ginestre (Spartium junceum) le copiose fioriture del mirto (Myrtus communis) dei cisti (Cistus incanus, Cistus salvifolius) danno vita ad un'intensa esperienza visiva e olfattiva, a tal proposito e bene non dimenticare gli intensi profumi che si sprigionano dalle praterie di salvia (Salvia officinalis) e in quelle della santoreggia (Satureja montana).
Nelle zone più interne le sfumature del bosco divengono la nota chiave, modificandosi in colori e vesti al variare delle stagioni. Il verde dei lecci (Quercus ilex) i boschi di roverella (Quercus pubescens) l’imponenza dei cerri (Quercus cerris), i boschi di castagno leggendari, l’eleganza e imponenza degli aceri (Acer campestre), in un sottobosco dove piante diverse si susseguono, il bucaneve (Galanthus nivalis), l’anemone (Anemone apennina) i crochi (Crocus vernus), il ciclamino (Cyclamen hederifolium) e le violette.
A quote superiori gli 800 metri troviamo il regno del faggio (Fagus sylvatica), albero maestoso che regala intense colorazioni autunnali, nel sottobosco il raro ma a volte imponente agrifoglio (Ilex aquifolium) .
Verso l'interno, invece, le attività agricole trasformano il paesaggio in coltivazioni e pascoli, circondati da cespugli di rovo, biancospino, e cisti.
Le diverse esposizioni dei versanti, al sole verso la costa e all'umidità verso l'entroterra, la morfologia, la natura geologica le caratteristiche del suolo, la vicinanza del mare, sono tutti elementi che determinano, nel territorio dei Monti Aurunci, una notevole diversità di ambienti e, di conseguenza, la presenza di specie molto diverse fra loro.
Dalle specie tipiche della macchia mediterranea presenti sui versanti esposti al mare, si passa alle valli interne fino a quote più alte. Una biodiversità degna di nota, microscopiche e imponenti, vistosissime o quasi mimetiche, transitorie o presenti da secoli. Il vero fiore all'occhiello dei monti Aurunci sono le orchidee spontanee (oltre 50 specie), vere e proprie rarità e gioielli botanici, come la (Serapias lingua), l’Orchidea Maggiore (Orchis purpurea), l’Omino Nudo (Orchis italica), La Ballerina (Orchis anthropophora), l'orchide piramidale (Anacamptis pyramidalis) comprese diverse specie di Ophrys, e un numero non ben precisato di ibridi.
Nei versanti pietrosi verso il mare gli intensi colori delle ginestre (Spartium junceum) le copiose fioriture del mirto (Myrtus communis) dei cisti (Cistus incanus, Cistus salvifolius) danno vita ad un'intensa esperienza visiva e olfattiva, a tal proposito e bene non dimenticare gli intensi profumi che si sprigionano dalle praterie di salvia (Salvia officinalis) e in quelle della santoreggia (Satureja montana).
Nelle zone più interne le sfumature del bosco divengono la nota chiave, modificandosi in colori e vesti al variare delle stagioni. Il verde dei lecci (Quercus ilex) i boschi di roverella (Quercus pubescens) l’imponenza dei cerri (Quercus cerris), i boschi di castagno leggendari, l’eleganza e imponenza degli aceri (Acer campestre), in un sottobosco dove piante diverse si susseguono, il bucaneve (Galanthus nivalis), l’anemone (Anemone apennina) i crochi (Crocus vernus), il ciclamino (Cyclamen hederifolium) e le violette.
A quote superiori gli 800 metri troviamo il regno del faggio (Fagus sylvatica), albero maestoso che regala intense colorazioni autunnali, nel sottobosco il raro ma a volte imponente agrifoglio (Ilex aquifolium) .
Verso l'interno, invece, le attività agricole trasformano il paesaggio in coltivazioni e pascoli, circondati da cespugli di rovo, biancospino, e cisti.
La Fauna
Il territorio dei Monti Aurunci, per le peculiarità ambientali che lo caratterizzano, rappresenta nel suo complesso un'area di notevole interesse faunistico, soprattutto per la segnalazione di diverse specie rare endemiche o a rischio di estinzione.
Negli ultimi anni alcune ricerche faunistiche hanno confermato la qualità ambientale e l'importanza di quest'area.
Indagini condotte sulla entomofauna hanno consentito la scoperta di specie significative e di alcuni endemismi, come ad esempio i coleotteri Duvalis aurunca (cavernicolo) e Leptusa sybillinica aurunci. Di grande interesse anche i Lepidotteri, come la Mnemosine (Parnassius mnemosyne) e la Melanargia arge, una farfalla bianca e nera, endemica dell'Italia peninsulare, che possiamo ammirare sulle pendici calde delle colline.
L'elevato valore faunistico dei Monti Aurunci è anche legato alla presenza di centoventuno specie di uccelli, di cui ottanta nidificanti. Tra i rapaci diurni ricordiamo la poiana, lo sparviere, il gheppio, il falco pellegrino; tra quelli notturni la civetta, il gufo, il barbagianni, l'assiolo e l'allocco. Inoltre, non dimentichiamo che il l'area rappresenta un punto di sosta per tanti uccelli migratori. In primavera, infatti, è possibile ascoltare molti canti come quello del rigogolo, del cuculo, dell'usignolo e del succiacapre.
Volgendo lo sguardo nelle cisterne e nelle pozze d'acqua delle sorgenti è possibile incontrare anfibi rari e particolarmente tutelati, come la Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina tergiditata), il Triturus carvifex, il Triturus italicus, il Triturus vulgaris meridionalis, il rospo comune (Bufo bufo), e la Rana italica.
Sulle rocce o tra i bassi cespugli incontriamo sauri spesso immobili sotto il calore del sole, tra i quali la lucertola comune (Podarcis muralis) e il ramarro (Lacerta viridis) e serpenti come il biacco (Coluber viridi flavus) o il cervone (Elaphe quatourlineata) e la Vipera aspis. Soltanto per citare alcune delle 16 specie di Rettili presenti.
Nei prati-pascolo e nelle fitte aree boschive trovano ospitalità tante specie di mammiferi: l'istrice, il gatto selvatico, il cinghiale, la faina, la volpe, il tasso, il moscardino e inoltre il lupo lascia segni della sua presenza nelle aree più selvagge. Un ulteriore elevato valore faunistico è legato alle diciannove specie di pipistrelli (Chirotteri), i “mammiferi con le ali”, presenti nelle numerose cavità; spesso perseguitati, sono in realtà alleati dell'uomo, divorando nei loro silenziosi voli notturni grandi quantità di insetti nocivi. In ultimo, l'area aurunca mostra un'elevata diversità specifica per quanto riguarda la fauna vertebrata e in essa si trovano le tracce più antiche del popolamento animale appenninico.
Luca D'Alessandris
Il territorio dei Monti Aurunci, per le peculiarità ambientali che lo caratterizzano, rappresenta nel suo complesso un'area di notevole interesse faunistico, soprattutto per la segnalazione di diverse specie rare endemiche o a rischio di estinzione.
Negli ultimi anni alcune ricerche faunistiche hanno confermato la qualità ambientale e l'importanza di quest'area.
Indagini condotte sulla entomofauna hanno consentito la scoperta di specie significative e di alcuni endemismi, come ad esempio i coleotteri Duvalis aurunca (cavernicolo) e Leptusa sybillinica aurunci. Di grande interesse anche i Lepidotteri, come la Mnemosine (Parnassius mnemosyne) e la Melanargia arge, una farfalla bianca e nera, endemica dell'Italia peninsulare, che possiamo ammirare sulle pendici calde delle colline.
L'elevato valore faunistico dei Monti Aurunci è anche legato alla presenza di centoventuno specie di uccelli, di cui ottanta nidificanti. Tra i rapaci diurni ricordiamo la poiana, lo sparviere, il gheppio, il falco pellegrino; tra quelli notturni la civetta, il gufo, il barbagianni, l'assiolo e l'allocco. Inoltre, non dimentichiamo che il l'area rappresenta un punto di sosta per tanti uccelli migratori. In primavera, infatti, è possibile ascoltare molti canti come quello del rigogolo, del cuculo, dell'usignolo e del succiacapre.
Volgendo lo sguardo nelle cisterne e nelle pozze d'acqua delle sorgenti è possibile incontrare anfibi rari e particolarmente tutelati, come la Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina tergiditata), il Triturus carvifex, il Triturus italicus, il Triturus vulgaris meridionalis, il rospo comune (Bufo bufo), e la Rana italica.
Sulle rocce o tra i bassi cespugli incontriamo sauri spesso immobili sotto il calore del sole, tra i quali la lucertola comune (Podarcis muralis) e il ramarro (Lacerta viridis) e serpenti come il biacco (Coluber viridi flavus) o il cervone (Elaphe quatourlineata) e la Vipera aspis. Soltanto per citare alcune delle 16 specie di Rettili presenti.
Nei prati-pascolo e nelle fitte aree boschive trovano ospitalità tante specie di mammiferi: l'istrice, il gatto selvatico, il cinghiale, la faina, la volpe, il tasso, il moscardino e inoltre il lupo lascia segni della sua presenza nelle aree più selvagge. Un ulteriore elevato valore faunistico è legato alle diciannove specie di pipistrelli (Chirotteri), i “mammiferi con le ali”, presenti nelle numerose cavità; spesso perseguitati, sono in realtà alleati dell'uomo, divorando nei loro silenziosi voli notturni grandi quantità di insetti nocivi. In ultimo, l'area aurunca mostra un'elevata diversità specifica per quanto riguarda la fauna vertebrata e in essa si trovano le tracce più antiche del popolamento animale appenninico.
Luca D'Alessandris
L'Evoluzione Geologica
I Monti Aurunci, costituiscono la porzione sud-occidentale della piattaforma carbonatica “Laziale-Abruzzese”, una struttura geologica che si estende per oltre 1.200 kmq e presenta le medesime caratteristiche.
Le rocce più antiche, visibili sugli Aurunci, risalgono al Giurassico, epoca dominata dai grandi rettili, di cui abbiamo testimonianze nella zona di S.Martino di Esperia (orme di dinosauri carnivori ed erbivori). La presenza di tali specie indica un paesaggio ed un clima totalmente diversi da quelli attuali. Le terre si trovavano più a sud, il clima era più caldo ed umido, il paesaggio costellato da tante piccole isole con lagune interne e barriere coralline, proprio come oggi è possibile osservare in arcipelaghi tropicali come le Bahamas.
In queste acque, ricche di sali, il primo a precipitare è il carbonato semplice di calcio secondo la reazione:
Ca2++CO32- → CaCO3 ---------------- ed il minerale risultante prende il nome di calcite.
Nei fondali marini, a causa della precipitazione, si venne a formare un fango finissimo che subì il processo di diagnesi (trasformazione in roccia) per compattazione e cementazione in tempi relativamente brevi. Alternativamente alla precipitazione chimica si può verificare la sedimentazione di fanghi derivanti da microscopici gusci carbonatici di organismi planctonici, chiamati Foraminiferi . La diagenesi del fango può generare banchi, strati o lamine di calcare a seconda dell'energia sul fondale.
Pertanto, i Monti Aurunci sono formati, per la quasi totalità, da bancate calcaree più o meno stratificate, fortemente fratturate e fessurate.
In ogni modo, l’assetto geologico attuale di questo territorio è il risultato di una lunga serie di eventi che si sviluppano lungo una arco temporale di 150 milioni di anni, dal Giurassico al Paleocene, con una sovrapposizione di effetti dovuti a diverse fasi tettoniche deformative.
L'evoluzione tettonica che portò alla formazione degli Aurunci iniziò con una serie di movimenti compressivi verso Oriente in tutto l'Appennino centro-meridionale interessanti le formazioni carbonatiche e silicoclastiche di piattaforma. Successivamente, dopo un periodo di stasi (dal Paleogene al Miocene medio), nell’intervallo Tortoniano superiore-Messiniano inferiore (circa 10 milioni di anni fa) la zona fu investita da vari eventi deformativi in cui i termini carbonatici si sovrapposero sui termini terrigeni che si erano accumulati sul fronte.
Si formarono, così, i principali rilievi carbonatici ad assetto secondo “scaglie sovrapposte”.
Dopo la "grande compressione" ed il conseguente sollevamento dell'arco Aurunco ci fu un periodo di rilascio energetico che comportò movimenti tettonici di tipo distensivo. Questo causò, nel Periodo Messiniano medio-superiore, la deposizione delle Argille grigie con gessi (ben visibili nella zona di Penitro di Formia) e in un periodo successivo (Pliocene inferiore) la sedimentazione di forti spessori di conglomerati, intercalati da argille e limi..
Questi ultimi si sovrapposero a tutti gli altri e si formarono a causa dello smantellamento dei rilievi carbonatici aurunci circostanti, in fase di rapido sollevamento. Splendidi esempi di rilievi conglomeratici sono Monte Campese e Monte di Gianola.
La successiva intensa tettonica, a carattere distensivo, (connessa all’apertura del Bacino tirrenico più ad Ovest) provocò la formazione di fosse tettoniche (come la fossa ausona ubicata nell’attuale piana del Garigliano), che vennero invase dal Mar Tirreno durante il Plio-Pleistocene, dando origine a depositi marini di natura argillosa e sabbioso-conglomeratica.
In seguito a questa azione tettonica si ridusse lo spessore della litosfera che favorì nel Pleistocene (in corrispondenza della suddetta fossa tettonica ausona del Garigliano e del Volturno) la risalita di ingenti quantità di magma dando origine all’attività del vulcano di Roccamonfina che ebbe termine alla fine del periodo.
Davide Marchese
Dott. in Geologia
I Monti Aurunci, costituiscono la porzione sud-occidentale della piattaforma carbonatica “Laziale-Abruzzese”, una struttura geologica che si estende per oltre 1.200 kmq e presenta le medesime caratteristiche.
Le rocce più antiche, visibili sugli Aurunci, risalgono al Giurassico, epoca dominata dai grandi rettili, di cui abbiamo testimonianze nella zona di S.Martino di Esperia (orme di dinosauri carnivori ed erbivori). La presenza di tali specie indica un paesaggio ed un clima totalmente diversi da quelli attuali. Le terre si trovavano più a sud, il clima era più caldo ed umido, il paesaggio costellato da tante piccole isole con lagune interne e barriere coralline, proprio come oggi è possibile osservare in arcipelaghi tropicali come le Bahamas.
In queste acque, ricche di sali, il primo a precipitare è il carbonato semplice di calcio secondo la reazione:
Ca2++CO32- → CaCO3 ---------------- ed il minerale risultante prende il nome di calcite.
Nei fondali marini, a causa della precipitazione, si venne a formare un fango finissimo che subì il processo di diagnesi (trasformazione in roccia) per compattazione e cementazione in tempi relativamente brevi. Alternativamente alla precipitazione chimica si può verificare la sedimentazione di fanghi derivanti da microscopici gusci carbonatici di organismi planctonici, chiamati Foraminiferi . La diagenesi del fango può generare banchi, strati o lamine di calcare a seconda dell'energia sul fondale.
Pertanto, i Monti Aurunci sono formati, per la quasi totalità, da bancate calcaree più o meno stratificate, fortemente fratturate e fessurate.
In ogni modo, l’assetto geologico attuale di questo territorio è il risultato di una lunga serie di eventi che si sviluppano lungo una arco temporale di 150 milioni di anni, dal Giurassico al Paleocene, con una sovrapposizione di effetti dovuti a diverse fasi tettoniche deformative.
L'evoluzione tettonica che portò alla formazione degli Aurunci iniziò con una serie di movimenti compressivi verso Oriente in tutto l'Appennino centro-meridionale interessanti le formazioni carbonatiche e silicoclastiche di piattaforma. Successivamente, dopo un periodo di stasi (dal Paleogene al Miocene medio), nell’intervallo Tortoniano superiore-Messiniano inferiore (circa 10 milioni di anni fa) la zona fu investita da vari eventi deformativi in cui i termini carbonatici si sovrapposero sui termini terrigeni che si erano accumulati sul fronte.
Si formarono, così, i principali rilievi carbonatici ad assetto secondo “scaglie sovrapposte”.
Dopo la "grande compressione" ed il conseguente sollevamento dell'arco Aurunco ci fu un periodo di rilascio energetico che comportò movimenti tettonici di tipo distensivo. Questo causò, nel Periodo Messiniano medio-superiore, la deposizione delle Argille grigie con gessi (ben visibili nella zona di Penitro di Formia) e in un periodo successivo (Pliocene inferiore) la sedimentazione di forti spessori di conglomerati, intercalati da argille e limi..
Questi ultimi si sovrapposero a tutti gli altri e si formarono a causa dello smantellamento dei rilievi carbonatici aurunci circostanti, in fase di rapido sollevamento. Splendidi esempi di rilievi conglomeratici sono Monte Campese e Monte di Gianola.
La successiva intensa tettonica, a carattere distensivo, (connessa all’apertura del Bacino tirrenico più ad Ovest) provocò la formazione di fosse tettoniche (come la fossa ausona ubicata nell’attuale piana del Garigliano), che vennero invase dal Mar Tirreno durante il Plio-Pleistocene, dando origine a depositi marini di natura argillosa e sabbioso-conglomeratica.
In seguito a questa azione tettonica si ridusse lo spessore della litosfera che favorì nel Pleistocene (in corrispondenza della suddetta fossa tettonica ausona del Garigliano e del Volturno) la risalita di ingenti quantità di magma dando origine all’attività del vulcano di Roccamonfina che ebbe termine alla fine del periodo.
Davide Marchese
Dott. in Geologia